Modello 231 Inefficace: gli errori da evitare secondo la Cassazione

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Modello 231 Inefficace
Modello 231 Inefficace

Introduzione sul Modello Organizzativo 231 Inefficace

Un Modello 231 Inefficace rappresenta un rischio concreto per ogni impresa. Infatti, non basta possedere un documento che riproduca le previsioni del D.Lgs. 231/2001: ciò che conta davvero è che il modello sia vivo, aggiornato e coerente con l’organizzazione aziendale.
In altre parole, un modello solo formale non protegge l’ente dalle sanzioni penali, né consente di beneficiare dell’esimente. Ma cosa significa, esattamente, che un modello è “inefficace”? E quali sono gli errori da evitare per non incorrere nelle responsabilità previste dal decreto?

Per rispondere, occorre guardare alla giurisprudenza più recente della Cassazione, che ha individuato con chiarezza i casi in cui un modello viene considerato inidoneo.


Cosa si intende per “Modello 231 Inefficace

Quando parliamo di Modello 231 Inefficace, ci riferiamo a un sistema che, pur essendo stato formalmente adottato, non risulta realmente idoneo a prevenire i reati.
In pratica, l’ente non riesce a dimostrare di aver adottato e attuato misure concrete di prevenzione.

L’articolo 6 del D.Lgs. 231/2001 richiede che il modello sia:

  1. Adottato con delibera dell’organo dirigente;
  2. Effettivamente attuato;
  3. Idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

Pertanto, un modello inefficace equivale a nessun modello, con tutte le conseguenze in termini di sanzioni pecuniarie e interdittive.
Secondo la Cassazione penale n. 21704/2023, il modello standardizzato, privo di personalizzazione e adattamento ai rischi specifici, non può mai considerarsi idoneo. Da qui discende un principio fondamentale: ogni modello deve essere costruito su misura per la singola realtà aziendale.


Perché un Modello 231 diventa inefficace

Un modello perde la propria efficacia quando non riflette la realtà dell’impresa. Ciò accade, ad esempio, quando viene copiato da altri, oppure quando non è aggiornato alle ultime modifiche normative.
La mancanza di un approccio dinamico e di un continuo processo di revisione rende il sistema incapace di prevenire i reati.

Vediamo ora, nel dettaglio, le principali criticità che la Cassazione e i Tribunali italiani hanno individuato negli ultimi anni.


1. Il Modello “copia & incolla”

La prima e più grave causa di inefficacia è rappresentata dal Modello 231 “copia e incolla”, ossia un documento preconfezionato e non calibrato sull’ente.
Secondo la Cassazione Penale n. 21704/2023, un modello standard non consente di individuare i processi sensibili e di predisporre presidi efficaci.

Di conseguenza, per essere efficace, il modello deve:

  • Identificare le aree a rischio reato;
  • Analizzare le attività sensibili;
  • Adattare i protocolli di controllo alle caratteristiche specifiche dell’impresa.

Solo un modello personalizzato e documentato può essere considerato idoneo a produrre effetti esimenti.


2. L’Organismo di Vigilanza apparente

Il secondo errore comune è la presenza di un Organismo di Vigilanza (OdV) solo formale.
La Cassazione Penale, sentenza n. 4535/2025, ha stabilito che un OdV con “risorse risibili e senza evidenze tangibili di monitoraggio” non può essere ritenuto efficace.

Per evitare tale rischio, l’OdV deve:

  • Avere autonomia e indipendenza;
  • Disporre di risorse adeguate;
  • Tenere verbali dettagliati delle proprie attività;
  • Stabilire un flusso informativo costante con il management.

In mancanza di tali condizioni, il modello si svuota di significato, diventando solo un adempimento formale.


3. L’OdV iperattivo: quando il controllo diventa gestione

Un eccesso di zelo può essere altrettanto pericoloso.
La Cassazione Penale n. 23401/2021 ha chiarito che un OdV troppo “attivo” — cioè coinvolto nella gestione o nella validazione delle decisioni aziendali — perde la propria indipendenza.
In sostanza, il compito dell’Organismo non è quello di sostituirsi agli amministratori, ma di vigilare con imparzialità e oggettività.

Un corretto equilibrio tra controllo e autonomia è, quindi, indispensabile per mantenere la credibilità del modello.


4. L’assenza di un risk assessment adeguato

Il risk assessment è il cuore pulsante del Modello 231.
La Cassazione Penale n. 2768/2025 ha definito l’assenza di una valutazione del rischio come una colpa di organizzazione.
Secondo la Suprema Corte, un ente che non effettua un’analisi approfondita dei rischi dimostra una “generale trascuratezza” nella propria gestione.

Per evitare tale errore, l’analisi dei rischi deve essere:

  • Completa, aggiornata e proporzionata;
  • Basata su processi aziendali reali;
  • Supportata da evidenze documentali;
  • Oggetto di revisione periodica.

5. Whistleblowing inefficace

Un Modello 231 Inefficace è anche quello che non tutela adeguatamente i segnalanti.
L’art. 6, comma 2-bis, del D.Lgs. 231/2001, introdotto dal D.Lgs. 24/2023, impone alle aziende di attivare canali di segnalazione interna sicuri, di vietare le ritorsioni e di prevedere un sistema disciplinare.

Un canale non gestito con riservatezza, oppure affidato a personale non formato, rende nullo l’intero sistema di prevenzione.
Un efficace sistema di whistleblowing, invece, rappresenta uno strumento di allerta precoce capace di far emergere comportamenti illeciti prima che degenerino.


6. Mancata integrazione con altri sistemi di gestione

Un altro grave errore consiste nel mantenere il Modello 231 isolato dal resto dei sistemi aziendali.
L’art. 30, comma 5, del D.Lgs. 81/2008 prevede espressamente che i modelli conformi alle Linee guida UNI-INAIL o agli standard internazionali (come ISO 45001:2018) si presumono conformi ai requisiti normativi in materia di sicurezza.
Pertanto, un modello non integrato con il sistema qualità, ambiente o sicurezza perde coerenza e riduce la propria efficacia.


7. Protocolli generici e inefficaci

La parte speciale del modello non deve limitarsi a un elenco di norme o procedure.
Il Tribunale di Milano, sentenza n. 10748/2021, ha sottolineato che i protocolli devono essere specifici, chiari e applicabili.
Essi devono indicare:

  • Le aree a rischio reato;
  • I controlli in essere;
  • I comportamenti vietati;
  • Le sanzioni previste.

Un protocollo generico non è in grado di prevenire alcunché e non resiste a un controllo giudiziario.


8. Modello poco conosciuto

Un modello che non viene diffuso è un modello che non esiste.
Il Tribunale di Milano, sentenza n. 1070/2024, ha stabilito che la formazione costante del personale è parte integrante del sistema di prevenzione.
Infatti, un modello 231 non serve se chi deve applicarlo non lo conosce o non lo comprende.
Per questo motivo, l’ente deve promuovere attività di formazione periodica e mirata, documentandone lo svolgimento.


9. Deleghe e procure incoerenti

Il sistema delle deleghe e delle procure deve riflettere la struttura effettiva dell’impresa.
Quando le deleghe non attribuiscono poteri reali, o quando vi è incoerenza tra responsabilità operative e presidi di controllo, il modello perde la propria forza esimente.
È quindi necessario che le funzioni aziendali siano chiaramente definite e che ogni delega sia accompagnata da risorse e poteri adeguati.


10. Mancanza di verifiche interne documentate

Un altro elemento decisivo riguarda la tracciabilità delle attività di vigilanza.
Secondo la Corte d’Appello di Venezia, sentenza n. 3348/2022, la documentazione delle riunioni dell’OdV è fondamentale: i verbali devono descrivere la programmazione delle verifiche e le criticità riscontrate.
In mancanza di tali evidenze, il modello non è dimostrabile in giudizio.

L’importanza della documentazione

Nel sistema del Decreto 231, ogni attività deve essere tracciata e dimostrabile. Non è sufficiente dire di aver vigilato: bisogna poterlo provare.
Ecco perché i verbali, i report, le comunicazioni e i flussi informativi devono essere archiviati con metodo. In sede processuale, infatti, ciò che non è documentato non esiste.

Perciò, la differenza tra un modello formale e uno realmente efficace risiede nella capacità di dimostrare l’effettiva attività di vigilanza svolta nel tempo.


L’approccio dinamico alla compliance

Un Modello 231 Inefficace è statico, immobile, fermo al momento della sua adozione.
Un modello efficace, invece, è dinamico, capace di evolversi in base ai cambiamenti dell’impresa, del contesto normativo e dei rischi emergenti.

L’adozione di un approccio dinamico consente:

  • di mantenere la conformità costante alle normative;
  • di evitare incongruenze tra procedure e prassi aziendali;
  • di aggiornare tempestivamente la formazione del personale.

In tal modo, la compliance 231 diventa parte integrante della strategia aziendale, e non un mero adempimento burocratico.


Il ruolo centrale dell’Avvocato Penalista

L’intervento dell’Avvocato Penalista è determinante in ogni fase del processo di implementazione e revisione del Modello 231.
Infatti, solo una visione penalistica consente di:

  • comprendere la reale portata delle fattispecie di reato presupposto;
  • calibrare i protocolli di controllo in modo efficace;
  • garantire che il modello abbia valore esimente effettivo in sede giudiziaria.

In particolare, l’avvocato può coordinare l’attività dell’OdV, verificare la coerenza tra i flussi informativi e le procedure, e intervenire per rafforzare la parte disciplinare o quella legata al whistleblowing.

Così, l’assistenza legale diventa un elemento di garanzia non solo giuridica ma anche strategica.


Il valore aggiunto di un Modello 231 efficace

Un modello ben costruito non serve solo a evitare condanne: è un vantaggio competitivo.
Infatti, un Modello 231 efficace:

  • migliora il rating di legalità dell’impresa;
  • rafforza la fiducia degli stakeholder;
  • riduce il rischio reputazionale;
  • consente una gestione più trasparente dei processi decisionali.

Inoltre, grazie alla sua integrazione con altri sistemi di gestione (come qualità, sicurezza e ambiente), permette all’azienda di sviluppare una cultura della legalità diffusa e condivisa.


Cosa fare per evitare un Modello 231 Inefficace

Evitare le criticità è possibile, ma serve metodo.
Per garantire la reale efficacia del modello, ogni ente dovrebbe:

  1. Effettuare un aggiornamento periodico almeno annuale;
  2. Verificare costantemente l’operato dell’OdV, documentando le attività;
  3. Curare la formazione dei dipendenti e dei dirigenti;
  4. Gestire in modo trasparente il whistleblowing;
  5. Integrare il modello con gli altri sistemi aziendali.

Solo attraverso queste prassi virtuose è possibile assicurare la tenuta del sistema nel tempo.


La giurisprudenza più recente

Negli ultimi anni, la Cassazione ha ribadito con forza alcuni principi cardine:

  • Cass. Pen. n. 21704/2023 – un modello “standardizzato” è inidoneo a prevenire reati;
  • Cass. Pen. n. 23401/2021 – l’OdV non deve avere funzioni gestionali;
  • Cass. Pen. n. 4535/2025 – l’OdV solo formale è inefficace;
  • Cass. Pen. n. 2768/2025 – l’assenza di risk assessment integra colpa organizzativa;
  • Trib. Milano n. 1070/2024 – la formazione è parte essenziale del modello;
  • Corte App. Venezia n. 3348/2022 – la documentazione dell’attività dell’OdV è imprescindibile.

Questi orientamenti rendono evidente come la giurisprudenza pretenda modelli concreti, dimostrabili e personalizzati.
La forma, da sola, non basta più: serve sostanza.


L’efficacia come cultura aziendale

Un Modello 231 efficace non nasce solo da un documento, ma da una cultura aziendale condivisa.
Quando i vertici credono realmente nella prevenzione e trasmettono questi valori all’interno dell’organizzazione, la compliance diventa parte dell’identità dell’impresa.
Solo in questo modo il modello smette di essere un semplice adempimento e diventa un vero strumento di governance etica.


Conclusioni sul Modello 231 inefficace

In definitiva, un Modello 231 Inefficace espone l’impresa a rischi enormi: sanzioni economiche, interdittive e reputazionali.
Eppure, questi rischi possono essere evitati con un approccio rigoroso e consapevole.
Costruire un modello personalizzato, aggiornato e coerente con la realtà aziendale è l’unico modo per garantire che il decreto 231 diventi una protezione reale e non un’illusione formale.


Il Supporto dello Studio Soardi per prevenire un Modello 231 Inefficace

Lo Studio Soardi assiste società su tutto il territorio nazionale nella realizzazione e aggiornamento dei Modelli Organizzativi ex D.Lgs. 231/01.
L’Avvocato Stefano Soardi, Avvocato Penalista, ricopre diversi incarichi come Organismo di Vigilanza (OdV) e affianca imprese e gruppi societari nell’adozione di sistemi di compliance efficaci e coerenti.

Grazie a un approccio pragmatico e orientato ai risultati, lo Studio Soardi rappresenta un punto di riferimento per le aziende che desiderano evitare un Modello 231 Inefficace e garantire una piena conformità normativa.


Contattaci per evitare di avere un Modello 231 Inefficace

Se vuoi comprendere se il tuo modello oreganizzativo è realmente idoneo o necessita di revisione, contattaci oggi stesso.
Lo Studio Soardi può aiutarti a verificare la tenuta del sistema, aggiornare i protocolli, formare il personale e predisporre procedure documentate in linea con la giurisprudenza più recente.


FAQ – Domande frequenti sul Modello 231 Inefficace

1. Come si riconosce un Modello 231 Inefficace?
Lo si riconosce quando non è personalizzato, non è conosciuto all’interno dell’ente e non è supportato da un OdV realmente operativo.

2. Qual è il ruolo della formazione nella prevenzione dei reati?
La formazione è parte integrante del modello organizzativo: senza di essa, il personale non conosce le regole e i protocolli diventano inutili.

3. Cosa rischia un ente che adotta un modello organizzativo solo formale?
Rischia le stesse sanzioni previste per chi non ha alcun modello organizzativo 231: pecuniarie, interdittive e reputazionali.

4. Quanto spesso va aggiornato il Modello Organizzativo 231?
Va aggiornato ogni volta che cambia l’organizzazione aziendale, la normativa di riferimento o il contesto dei rischi.

5. Chi può aiutare l’azienda a verificare l’efficacia del proprio modello?
Un Avvocato Penalista con esperienza nella responsabilità amministrativa degli enti può svolgere audit e revisioni mirate.

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